1ª tappa: genova
La prima tappa non la sento così entusiasmante, la dimensione del viaggio per me è lo stimolo che induce alla riflessione, ed essendo l’obbiettivo lontano non mi è facile concentrami su strade che conosco bene e ho percorso svariate volte con ogni mezzo.
La prima tappa è Genova e ci sarà solo fatica. Il caldo è massacrante ma l’entusiasmo di arrivare al più presto in territori sconosciuti prevale sulla gamba che avrebbe bisogno di un pò più di allenamento. Sono sui pedali e sudo, tanto! la fatica è davvero sfiancante, e non ho ancora un posto dove passare la notte. Anche a questo ci penserò strada facendo.
In tasca ho un cannocchiale, il bello e che ce l’ho e basta, non lo uso mai. Una volta ci ho guardato dentro ma le immagini erano capovolte e ho ho perso l’orientamento. Guardare lontano non è proprio affar mio. lascio perdere e mi abbandono ai pensieri.
Mentre pedalo non mi guardo intorno. La Liguria è la mia terra ed è un paradiso terrestre che conosco bene. Tiro dritto e penso ai penso ai motivi che mi spingono e ai svariati perchè della mia inquietudine innata.
Chi viaggia lentamente vive momenti di estraneità che portano ad una momentanea perdita dell’identità. E perdersi è bellissimo. In 40 anni mi sono perso un centinaio di volte. Ogni volta che parto non torno più. Mai più! Ad ogni ritorno la mia vita è cambiata per sempre. Mi cerco ma non mi trovo, è come se morissi per poi rinascere. Ciò ovviamente provoca sofferenza che a volte cerco di lenire in modo poco convenzionale, è un lutto interiore lento con decorsi irregolari che prende direzioni imprevedibili.
Gli stili di vita e i modelli comportamentali lungo la strada cambiano rapidamente provocando un momento di smarrimento immediato. Osservando questo mutamento continuo si possono scoprire degli elementi costanti che ci rendono umani in modo concreto, e visivamente si notano alcune forme che sono universali.
Viaggiare significa perdere i punti di riferimento, uscire dal tempo e dallo spazio, vuol dire saper rinunciare, non accumulare…esiste un’economia delle esperienze, una via che s’impara a percorrere perdendosi in viaggio. Il viaggio, quindi, genera un bisogno di mutamento, produce dei cambiamenti sulla concezione dell’io, fa riflettere sui rapporti umani, e con la natura. il viaggio è un senso di stupore continuo. Sono appena partito e penso già a cose di questo genere, spero che all’arrivo la mia testa si sia completamente svuota, e all’interno ci sia solo l’essenziale per guardare la meraviglia. Mentre pedalo il paesaggio ligure scorre a margini, i pochi incontri durante i pochi più stop aumentano l’entusiasmo e la voglia di perdermi completamente. Vicino alla meta comincia a piovere, così in una giornata becco, caldo umido, caldo secco e pioggia, giusto per non farmi mancare nulla. I kilometri non sono molti, circa un centinaio, arrivo in Scuderia alle 18, mi siedo e aspetto Omar. Per dormire? poi si vedrà. Dopo la seconda birra arriva anche la terza, e con quella anche Omar, che si propone di ospitarmi in casa. E’ un segnale! Entusiasmo e ottimismo!!! Il primo giorno si conclude senza stanchezza, con la testa appesantita dalla birra e dai pensieri che sono un macigno più importante delle borse montate sulla bici. Strada facendo mi libererò di molti sassi, sperando di alleggerire la mia anima, di abbattere i filtri che nascondo una bellezza che non si può spiegare ma che rincorro da sempre.