2ª tappa: pavia
Genova è troppo spesso sottovalutata, per me è un’anima affine.
E’ un luogo eclettico che consente di vivere esperienze autentiche in modo intenso. E’ la città del mio c’era una volta. C’era una volta! c’era una volta e ora non c’è più! Esiste una frase più triste di c’era una volta? dove vai vita?
Genova è una città impossibile da classificare, Genova è un dettaglio. Genova guarda il mare.
Sono le 7.30 e sto aspettando che l’attrezzatura si ricarichi. Mi rendo conto che i tempi del viaggio si dilateranno per necessità di produzione, ma va bene così. Non è una corsa, non è stata pensata come tale e non lo diventerà. Faccio le valige, mi rendo conto di essere il più disorganizzato del mondo! Una valigia così non si è mai vista.
Attraverso tutta la città facendo il percorso del giorno precedente al contrario. Saluto Sampierdarena, Sestri Ponente, Pegli, Voltri e poi tiro dritto su per Mele.
La giornata è bella il sole è alto nel cielo, troppo alto. Dopo i primi metri di salita comprendo che tappa sarà lunghissima e infernale. Scendo dalla bicicletta e a tratti spingo, le macchine mi passano al fianco e mi sostengono con un breve e secco colpo di clacson. E’ difficile, la pressione scende, ma la prestazione sale.
Ho sperato nella pioggia di Masone, ma niente. Anche qui le cose sono cambiate e Masone sembrerebbe essere diventato il posto più soleggiato d’Italia. Penso che il mondo che ho conosciuto ormai non esiste più. Non mi fermo. Se faccio una pausa rischio di di non ripartire più, cosi stringo i denti vado dritto. Descrivere le sensazioni e la fatica nell’affrontare il Turchino il 30 luglio con una bici che si avvicina a i 50 kg è difficile. La verità è che ho decisamente sottovalutato la tappa e che l’entusiasmo ha prevalso sul buon senso, ma ormai devo arrivare a Pavia.
Da Ovada sarà tutta pianura, m’illudo, così alternando pedalate a spinte, sudando quello che berrò a Pasqua dell’anno prossimo e rischiando un infarto arrivo finalmente ad Ovada con la gioia nel cuore.
Mancano solo 86 km e sono le 13.
Di solito, dove finiscono i sogni comincia la realtà, e quest’ultima quando vuole sa farsi sentire. Il clima è decisamente ostile, le temperature sono proibitive, anche bere molta acqua non aiuta. Ma i sogni abitano nel cuore, sono il sole dell’universo che chi portiamo dentro, i sogni trasformano il mondo in cui viviamo!
Mi sdraio per terra con gli occhi chiusi e in quel momento non sento più il caldo, non mi rendo conto se è giorno o notte. Apro gli occhi e il mio mondo si è ritrasformato per l’ennesima volta. Le sensazioni lasciano spazio ai pensieri che mi mettono in moto, perché c’è sempre un pensiero pronto a farti rialzare, anche se non te lo meriti! Quindi risalgo sulla bicicletta e riparto.
Da Ovada Voghera è tutto dritto, tutto uguale, quanto tempo è trascorso durante la pedalata? non saprei dire.
Sta per calare il sole e qui la natura sembra riprendere il controllo escludendo ogni sentimento. Non c’è spazio per l’emotività. E’ il secondo giorno e se rimango incastrato lungo l’argine del Po non sarà una bella esperienza. Mi fermo per un attimo e osservo l’altra sponda, la vegetazione è differente, il fiume è un confine, può diventare una barriera insormontabile. Stormi di uccelli puntano a est seguendo il corso dell’acqua che si ritira a causa della siccità, portando con se i nutrienti. La vita di sposta seguendo gli eventi per necessità. L’acqua riflette la luce argentata del sole che cade. Le nuvole sono rosa. Pian piano l’acqua scurisce e io devo ancora trovare la strada di casa che ormai dista solo 5 km.
La fotografia di paesaggio è contemplativa.
Mi fermo a guardare a lungo, con intensità e meraviglia. Così dai landscape emergono voci che bisbigliano, le gioie e i dolori dei giorni trascorsi che hanno scandito il prima e il dopo. Il territorio trasmette i suoi ricordi e mi rivela quello che le parole non dicono o non hanno il coraggio di diffondere. In questo frastuono visivo le forme del paesaggio sono evocative, creano un dialogo a due, e ritrarle significa riscrivere una storia che si nasconde timidamente. E’ davvero tardi, faccio ordine sul disordine mentale, salgo sulla bici e punto verso casa di Cogo e Nina. Dopo aver attraversato muri di moscerini e zanzare arrivo sorridente a destinazione.