24ª TAPPA: OSTERSLOV
L’atto di pedalare è un movimento meccanico, non ci sono cambi di direzioni o salti verso l’alto. L’azione è sempre la stessa, serve solo un esatto calcolo delle distanze e della gestione dello sforzo. Pedalare è un’arte che si adatta alle irregolarità del suolo, è un movimento assecondante condotto in automatico con cui si attraversa lo spazio. La conoscenza avviene attraverso una sguardo laterale, l’assenza di qualsiasi tipo di tensione permette l’immersione nel mondo che si sta attraversando. Spesso non ho nemmeno il tempo di scattare le fotografie che uso come appunti, attraversando un paesaggio fatto di segni il movimento del corpo diventa il ritmo del racconto.
Lascio la costa per dirigermi verso l’interno della Svezia. La regione dei grandi laghi mi affascina. La giornata è serena e questa decisione mi porterà ad affrontare alcuni dislivelli che metteranno in difficoltà le mie gambe, ma permetterà anche di lasciarmi alle spalle il vento marino. Nella Scania meridionale il paesaggio non muta mai, a destra e sinistra ci sono distese di campi coltivati intervallate da boschi. Nella storia della Scania, molti uomini valorosi lasciarono le loro case per avventurarsi verso nord, la maggior parte non è più tornata. Tumuli di pietre sono stati eretti in loro onore. Altri partirono per il continente ed ebbero fortuna con le armi. Contemporaneamente giunsero in Scania i sassoni, dall’Inghilterra, uomini dal capo rasato che predicavano la religione cristiana. Lungo la costa la popolazione abitava riunita in villaggi ed è ancora cosi.
Il viaggio è una distorsione temporale, la durata del tempo interiore modifica lo spazio. Se mi fermo posso addirittura aspettare il tempo. Lontano dalle metropoli, dai centri di consumo affollati di negozi. Il distacco è totale dalle relazioni temporali che l’uomo vuole realizzare con questi luoghi. In Scania il flusso si ferma, lo spazio diventa indefinito, tutto è uguale e i luoghi si svuotano. Si ha la percezione di vivere con leggerezza e che la vita possa prendere mille direzioni differenti. Il viaggio non è un intervallo di tempo tra partenza e arrivo, ma un transito senza limiti di percezione. Chi viaggia lentamente sente le parole del mondo che erano in attesa di essere ascoltate, impara un linguaggio nuovo, e dialoga con una natura estranea. Un alfabeto fatto di linee e colori che genera significato riferibili al mondo. Qui l’invisibile esiste! La fatica della salita e la disposizione all’ascolto originano una perdita della capacità di vedere, ma contemporaneamente aumentano la concentrazione. Questa perdita della vista è solo temporanea, non bisogna far residenza ma assecondarla o si rischia di perdersi. La folta concentrazione di materia cancella le differenze tra le forme. L’affollamento d’immagini mi rende impossibile riconoscere il profilo degli oggetti. La grafia del mondo diventa una matassa senza forma e senza soluzioni di continuità.
Nel primo pomeriggio arrivo a Kristianstad, città fondata da Cristano IV di Danimarca, da cui prende il nome. Con stupore mi trovo davanti un piccolo centro urbano rinascimentale. Un intreccio di linee e superfici realizzate regolarità. Un reticolato viario a misura d’uomo. Sembra un collage di figure accostate l’una contro l’altra. Il campanile della chiesa, la cupola del teatro, la torre d’avvistamento. Il mo occhio inquieto diventa immobile sei si perde nella prospettiva lineare centrica. Dopo una rapida visita procedo per altri 20 km verso nord per cercare un posto dove piantare la tenda. Osterslov è il luogo ideale. Un prato di fronte ad un porticciolo in riva ad un lago sembra essere il luogo perfetto per passare la notte. Mentre preparo la cena in scatola con i fornelli da campo osservo il tramonto sul lago. E’ di una bellezza struggente. Penso che l’immagine di questo paesaggio potrebbe essere un emblema del mondo, e nel caos entropico universale a volte l’universo si cristallizza in un forma che rappresenta una porzione di ordine in cui orientarsi.